Storia e fatti dell’hacking (S01 E01): La dibattuta origine del termine ‘hacker’
In questo primo episodio parleremo delle origini e dell'interpretazione del termine "hacker"
In questa Prima Stagione dedicata al mondo dell'hacking, soprattutto alle sue origini, alla sua storia e alla sua evoluzione, ci occuperemo di tematiche un po' vintage ma ancora estremamente interessanti anche nella società digitale odierna.
Il condurre una ricerca sulle origini del termine "hacker" può svelare lati molto affascinanti del fenomeno che vi sta alla base, soprattutto quando tali analisi etimologiche sono incorporate in documenti ufficiali di quegli Atenei dove il movimento si è sviluppato (ad esempio: le Università di Stanford, di Berkeley e il MIT) e che, quindi, si propongono di mantenere una sorta di memoria storica (e, per certi versi, pura) dello stesso, o, ancora, quando i ricordi sono tramandati da appassionati di retrocomputing o da studiosi che hanno vissuto, e ricordano lucidamente, i primi anni di attività.
Il termine è, però, idoneo al contempo a richiamare alla mente, nella maggior parte dei contesti, un significato e un aspetto negativi capaci di preoccupare o, addirittura, intimorire.
Il motivo è ben noto e, per alcuni versi, comprensibile: da un’origine nobile — l’idea di hacking intesa quale attività intellettuale e pratica d’eccellenza, basata su una sana curiosità e su competenze fuori dal comune, e finalizzata unicamente alla comprensione piena della tecnologia utilizzata e alla scoperta di nuovi confini dell’informatica — si è passati, ben presto, a una connotazione oscura e criminale del senso di tale parola.
L’hacker sarebbe così ingiustamente diventato, soprattutto nell’immaginario collettivo e in un periodo storico tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta del secolo scorso, un individuo particolarmente esperto in un uso illecito delle nuove tecnologie, propenso a sottrarre somme di denaro da conti correnti altrui, a perpetrare ingegnose frodi ai danni di ignari consumatori, ad attaccare sistemi critici della società o a entrare abusivamente in sistemi altrui per carpire informazioni riservate.
Agli anni Ottanta risale anche la proiezione, nelle sale cinematografiche, del film Wargames — Giochi di guerra, diretto nel 1983 da John Badham, con Matthew Broderick nei panni del giovane hacker David che, per errore, porta le potenze mondiali, in periodo di Guerra Fredda, sull’orlo di una guerra termonucleare globale.
Fu il primo film, apprezzato anche dai veri hacker, a mostrare al grande pubblico le potenzialità di alcuni ragazzini che si avvicinavano in maniera originale e creativa alle tecnologie che si stavano diffondendo a livello domestico.
Al contempo, però, quel bellissimo film - che contiene anche una dolcissima storia d'amore - fu capace di incutere timore in tutto il mondo con riferimento alla possibilità di una macchina impazzita che mettesse in pericolo l'umanità tutta.
Ecco, allora, che i due termini "criminale informatico" e "hacker", che andrebbero sempre mantenuti ben distinti, molto spesso sono utilizzati alternativamente senza criterio.
Si veda il dualismo nella definizione di hacker, a tal proposito, contenuto nel New Oxford American Dictionary.
Il sostantivo hacker, per gli Autori del dizionario, significa alternativamente:
“1. an enthusiastic and skillful computer programmer or user” (un utilizzatore del computer, o un programmatore, entusiasta e competente); “2. a person who uses computers to gain unauthorized access to data” (un soggetto che usa i computer per guadagnarsi l’accesso non autorizzato a dati).
Nella recente letteratura e nel mondo della fiction, quando si rappresenta un soggetto hacker, si enfatizza, a turno, o detto aspetto negativo o il suo completo dominio sulla tecnologia (che lo pone al di sopra degli utenti comuni e, quindi, lo connota come soggetto detentore di un potere).