Pagina della Polizia di Stato su FB e odio istituzionale: alcune riflessioni

L'odio presente nei commenti ai post della pagina Facebook della Polizia di Stato solleva interessanti questioni politiche e tecnologiche.

Pagina della Polizia di Stato su FB e odio istituzionale: alcune riflessioni

Tra le numerose notizie "tecnologiche" della giornata che mi hanno incuriosito, l'attenzione è subito caduta sulla pubblicazione, sulla pagina Facebook ufficiale della Polizia di Stato, di diversi video correlati a recentissimi, e tragici, eventi di cronaca.

Mi riferisco, ovviamente, al video con le azioni della baby gang di Manduria e conseguente aggressione mortale a un anziano cittadino, oppure a video di arresti (ad esempio: dopo lo stupro di Viterbo) e, comunque, a una presenza costante, su quella pagina e accanto a comunicazioni più istituzionali (inaugurazioni, premi sportivi, tagli di nastro, eventi), di una metodica (e mirata) rassegna stampa anche sui fatti più macabri che avvengono quotidianamente.

Premesso che sono convinto che anche le Forze dell’Ordine possano, e debbano, fare attività di “marketing”, o promozione che dir si voglia, delle loro attività (anche tramite statistiche e dati ufficiali), un’analisi accurata di questa pagina mi ha sollevato numerose perplessità.

Avendo dedicato parte dei miei studi all’odio online, alcuni meccanismi mi sono, però, molto chiari.

Il primo punto che mi ha stupito, su questa pagina, è la mancanza di moderazione.

Detto in altri termini: viene pubblicata la notizia e, subito dopo, i commenti sono lasciati aperti, ben consapevoli che, su Facebook e con quasi mezzo milione di followers, i commenti d'odio su temi simili fioccano in tempo reale.

Se la notizia è costituita da un video violento che riprende un fatto di sangue, è facile comprendere quale sarà, subito dopo, il tenore dei commenti: alcuni di plauso, o ringraziamento, per le Forze dell’Ordine (ad esempio se il fatto di sangue è stato “sventato” o scoperto dalle autorità) ma, più comunemente, sono migliaia di messaggi di odio nei confronti degli indagati, dei loro familiari, degli avversari politici e, sino a salire, del sistema.

Migliaia di messaggi di odio che augurano la morte, l’impiccagione, la fucilazione, la castrazione o altre reazioni violente. Ad esempio, è sufficiente scorrere i messaggi che sono in coda alla pubblicazione del video della baby gang (quasi 3.000, al momento di scrivere queste note). Sono, per la maggior parte, messaggi d’odio. Così, pubblici, su un sito istituzionale.

Ora, premesso che tali messaggi non danno alcun valore aggiunto al confronto e al dialogo, ci si domanda il motivo per cui siano lasciati online, ossia perché la politica di chi gestisce quella pagina sia quella di non rimuovere neppure i messaggi peggiori, ma di lasciarli ben visibili.

Chi studia i fenomeni d’odio sa che l’odio così detto “istituzionale” (ad esempio: quello veicolato dalla politica) ha sempre il fine di raccogliere consenso.

Il primo fine potrebbe, allora, essere quello di voler raccogliere consenso. Ma a quale fine? Vi è il timore di una avvenuta delegittimazione delle Forze dell’Ordine o, al contrario, tali messaggi sono un mezzo per generare ulteriore tensione e, quindi, una maggiore richiesta di presenza delle Forze dell’Ordine (perché si genera, anche con questi messaggi e lasciandoli così esposti, tensione, odio, insicurezza).

Il sostenere che siano spazi ad hoc, e un modo, per far sfogare i cittadini è un ragionamento che non tiene per due motivi. i) Perché i cittadini si dovrebbero sfogare augurando la morte ad altri cittadini su un sito istituzionale, per di più della Polizia??? ii) E perché si dovrebbe aggiungere altro odio in società a episodi già criminosi e terribili, come è in realtà l’odio veicolato attraverso questi messaggi, che non ha nulla di "virtuale" ma è odio vero e proprio anche questo?

Un secondo punto di riflessione riguarda la pubblicazione di video che hanno un alto grado di violenza e che non sono sicuramente adatti, anche per semplice "decenza" e opportunità, a un profilo che si presenta come istituzionale. In questo caso, è però d’obbligo notare come anche tutti i grandi media online abbiano senza problemi fatto circolare tali video, con cauti e inutili messaggi preliminari di “fare attenzione al messaggio violento, se sensibili”. Questi, in un’ottica di marketing, sono video che hanno un grande valore in click, in consenso e, quindi, nella valuta che si spende e si scambia sui social network.

Un terzo punto di riflessione è che la presenza di migliaia di messaggi d’odio su un sito istituzionale quale quello della Polizia di Stato va contro a due palesi principi (anche) di buon senso.

Il primo è che molti di questi messaggi possono costituire reato (si pensi a una diffamazione nei confronti degli indagati, o delle famiglie), ed è quantomeno originale che su una pagina ufficiale della Polizia ci siano messaggi con contenuti che possano costituire reato.

Il secondo è che è la stessa Polizia Postale, da anni e con cospicui finanziamenti statali, a condurre una meritoria e capillare azione di sensibilizzazione, nelle scuole, proprio contro il cyberbullismo, i reati d’odio, la discriminazione e i pericoli della rete. Con la situazione, anche questa surreale, che molti poliziotti girano le classi e le scuole ammonendo i giovani di non seminare odio online e, poi, si trovano la loro pagina Facebook come vero e proprio caso di scuola di “contenitore” d’odio istituzionale.

Un’analisi veloce della pagina denota come nel mese di aprile ci sia stato un rafforzamento di tale strategia comunicativa, con molti più video di quel tipo e, di conseguenza, più commenti d’odio. Forse le nuove rivelazioni sul caso Cucchi hanno portato a una necessità di aumento di notizie di "successo" (per "compensare", in un’ottica di riabilitazione dell’immagine delle Forze dell’Ordine), oppure è una chiara strategia dettata in avvicinamento alle elezioni.

La cosa che si nota è che una strategia tipica di un profilo/account/pagina di un politico (l’alimentare l’odio o giocare sulla “gogna” per attirare consenso, un modo di comportarsi che oggi è comune in tanti Paesi) è migrata silenziosamente in una pagina istituzionale. Un "sito" che è di una istituzione, si ricordi, ma anche di tutti i cittadini.

La soluzione è semplice: moderare.

È impensabile che una pagina di questo tipo non abbia un moderatore e sia piena di commenti che la rendono identica alle pagine degli show pomeridiani o serali. Moderare, magari lasciando filtrare soltanto i messaggi positivi, ad esempio gli encomi o gli apprezzamenti dei cittadini alle Forze dell’Ordine (come si fa, ad esempio, in molte pagine di strutture sanitarie e di ospedali) e bloccare tutte le espressioni d’odio. Rendere, insomma, questa pagina una pagina d'amore, di storie di successo e di commenti positivi. Sarebbe un bellissimo servizio alla Polizia stessa.

Oppure bloccare i commenti, completamente.

Simili commenti non servono al dibattito, non forniscono agli inquirenti nuove piste investigative, non sono uno strumento di dialogo tra cittadino e chi gestisce la pagina.

È pura, semplice e gratuita esposizione d’odio e di istigazione all’odio. Il problema è che è su una pagina istituzionale.

Sono commenti completamente inutili, in conclusione. A meno che non ci siano altri fini, a noi non noti.