L’odio sulle piattaforme e l’impatto delle nuove tecnologie

L'odio online viaggia anche sulle piattaforme, e pone nuovi problemi giuridici di non facile soluzione.

L’odio sulle piattaforme e l’impatto delle nuove tecnologie

Negli ultimi anni le tecnologie hanno consentito la diffusione anche di una nuova forma d’odio online che non prende di mira gruppi, minoranze, soggetti considerati diversi, avversari politici, ma persone singole, spesso per motivazioni futili.

Siamo consapevoli che la linea di confine è molto labile: un’espressione d’odio può mutare rapidamente da un attacco motivato da idee religiose, politiche o omofobiche a un attacco ad personam. In alcuni casi, però, l’odio online è veicolato chiaramente per motivi non strettamente connessi a quelli che abbiamo esposto poco sopra.

I due ambiti dell’odio interpersonale più considerati dagli studiosi sono il cyberbullismo e il cyberstalking, due fenomeni spesso interconnessi tra loro nell’età dell’adolescenza degli individui e che presentano alcuni aspetti strettamente legati all’innovazione tecnologica nonché alcuni tratti ancorati alle fattispecie di reato tradizionali.

Lo stalking è un reato che è stato formalizzato nel nostro ordinamento giuridico nel 2009, con l’introduzione, nel Codice Penale, dell’articolo 612-bis. Non è stato utilizzato il termine “stalking” ma il più ampio atti persecutori, punendo chiunque, con condotte reiterate, minacci o molesti un individuo in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. Sono, poi, previste alcune ipotesi aggravanti. I punti essenziali, che hanno interessato i giuristi, sono la nozione di “condotte reiterate” e il concetto di “perdurante e gravo stato d’ansia”, quelli che possiamo considerare come i due elementi fondamentali del reato di stalking.

Il reato di bullismo, invece, non è previsto dal nostro ordinamento, anche se una recente normativa ha disciplinato il cyberbullismo ma a puri fini rieducativi e senza prevedere aspetti sanzionatori penalistici (ci riferiamo alla recente Legge 29 maggio 2017, n. 71). I comportamenti tipicamente associati alle attività dei bulli ricadono solitamente nelle ipotesi di percosse o lesioni, di minacce, d’ingiuria o diffamazione, di furto, di danneggiamento di cose, di molestie, di stalking, d’interferenze illecite nella vita privata e in altre fattispecie a seconda della gravità dei comportamenti.

In crescita, e oggetto di analisi, vi è poi il fenomeno del grooming online, ossia dell’adescamento di minori a fini sessuali (nell’ordinamento italiano si tratta del reato di “adescamento di minorenni” previsto dall’articolo 609-undeciesdel codice penale), nonché il recentemente disciplinato fenomeno del revenge porn online (la diffusione, per vendetta, di fotografie, video, documenti o conversazioni a tono pornografico di ex partner, disciplinata dalla Legge 19 luglio 2019, n. 69), l’istigazione al suicidio e la ricerca e individuazione di soggetti deboli in forum di discussione dedicati a malattie e a fenomeni quali l’anoressia e la bulimia per prenderli di mira e costringerli a determinati comportamenti.

Le attività di odio online di questo tipo si possono avvantaggiare delle stesse qualità della tecnologia di cui si è fatto cenno per l’hate speech: la facilità di avviare azioni ossessive e ripetitive (si pensi all’invio di migliaia di messaggi in un giorno), la possibilità di amplificazione del danno, la possibilità di contattare e perseguitare persone sconosciute a distanza, la persistenza del dato diffuso in rete e in violazione della privacy della persona presa di mira, la possibilità di travisare la propria identità, la facilità di individuare persone deboli grazie alle numerose informazioni diffuse spesso volontariamente dalle vittime, o facilmente reperibili online.

In tutti questi casi le ossessioni sessuali o sentimentali sono, oggi, un ambito che registra la maggior parte degli episodi. Caratteristico è, in questo ambito, un disequilibrio che nel rapporto di forza si crea tra i due soggetti, anche se in alcuni casi la tecnologia più aiutare a pareggiare la forza delle armi.

I nuovi comportamenti di odio tecnologico ad personam hanno pian piano soppiantato, nella casistica, le fattispecie tradizionali (ad esempio lo stalking e la diffamazione sono fenomeni criminosi portati oggi quasi esclusivamente online) e hanno disegnato nuovi modi di comportamento che, da un lato, sono strettamente connessi al crimine tradizionale ma, dall’altro, presentano sfaccettature nuove.

Uno degli aspetti più interessanti è che questi tipi di azioni d’odio sono oggi molto diffusi nei confronti di sconosciuti, ossia di persone mai incontrate nella vita reale e spesso residenti a grande distanza dell’attaccante ma che sono individuate tra gli amici o i contatti nel social network, o recuperando le loro informazioni su profili, siti web o blog. Le tecnologie hanno annullato le distanze e hanno consentito, quindi, anche simili comportamenti che sono nuovi, quantomeno nella loro ricorrenza, rispetto alle fattispecie tradizionali.

I crimini contro la mente delle persone, ossia il creare sofferenza mentale nei confronti di un individuo, sono temi che hanno interessato da tempo gli studiosi di diritto penale. La discussione ruota attorno al punto se infliggere “ferite mentali”, quali paura, confusione) o manipolare la mente (anche con influenze sulle preferenze e sulle scelte) sia comparabile alla disciplina che tutela l’integrità del corpo. L’integrità della mente, poi, diventa particolarmente interessante in un mondo, quello digitale, dove il corpo scompare. Una caratteristica di questi crimini, purtroppo, è che sono molto difficili da provare e da quantificare, anche perché solitamente quasi tutti gli ordinamenti giuridici hanno a mente il danno fisico (con, anche, tabelle e modalità di calcolo specifiche per quantificarlo) e mettono al secondo posto il danno morale e mentale[1].

Tutti gli ordinamenti, inoltre, prevedono ipotesi di tutela e di protezione dell’integrità morale della persona di fronte alle minacce provenienti dai mezzi di comunicazione di massa e da strumenti di pubblicità altamente diffusivi come Internet. Si tratta del tema del delicato rapporto tra libertà di manifestazione del pensiero e diritto all’onore e alla reputazione[2].

Si è già detto che, se si presta attenzione alle fonti sovranazionali, appare chiaro come il modello continentale sia più attento alla centralità della tutela della persona umana mentre quelli anglosassoni siano maggiormente orientati alla protezione della libertà d’informazione. Eppure, anche presso la CEDU, nota l’Autore del saggio citato, la reputazione di una persona è vista quale un diritto fondamentale, perfettamente integrato nella nozione di vita privata e strettamente correlata alla possibilità del suo godimento.  L’esame della casistica lascia poi trasparire con evidenza come le lesioni del diritto all’onore avvengano prevalentemente con l’uso di mezzi di comunicazione di massa: stampa, radio, televisione, libri, cinema, Internet e social network.

L’odio interpersonale online è di solito trattato, dagli esperti di criminalità informatica, separatamente rispetto a reati di attacco a sistemi o che coinvolgono problemi sociali gravissimi quali la tratta di esseri umani o lo sfruttamento sessuale dei minori. Si tratta, comunque, di un fenomeno in sensibile aumento, come notato anche in studi internazionali.

Nel rapporto 2015 di Europol, intitolato “The Internet Organised Crime Threat Assessment”[3], viene tracciato un quadro della criminalità tecnologica a livello europeo; alcuni trend, come si anticipava, interessano direttamente l’odio interpersonale. Lo studio muove da una prospettiva delle Forze dell’Ordine, ossia strettamente correlata alle indagini che sono state fatte negli anni passati e alle azioni investigative prossime venture, ed è diviso in tre, grandi ambiti critici: la child sexual exploitation (adescamento di minori a fini sessuali), i cyber attacks (attacchi informatici “tradizionali”) e iii) le frodi attraverso sistemi di pagamento online.

Particolare preoccupazione è manifestata per i nuovi fenomeni del live streaming di abusi on demand su bambini e di estorsioni su basi sessuali con inganno della vittima tramite tecniche d’ingegneria sociale. Si registra, anche, un aumento del livello di aggressività, soprattutto con riferimento all’estorsione (sia sexual extortion sia tramite ransomware). L’impatto di paura e incertezza sulle vittime è in aumento, così come la distribuzione di materiale pedopornografico sugli hidden services all’interno della darknet.

La richiesta costante d’informazioni nuove spinge a produrre sempre più materiale pedopornografico: vi è, quindi, la proliferazione di materiale auto-generato vista la diffusione di dispositivi mobili e la facilità di produrre simili contenuti e di diffonderli a terzi. Il rapporto segnala come, inizialmente, la condivisione di tali materiali sia solita iniziare con intenti innocui ma, successivamente, detto materiale venga raccolto e usato per attaccare la vittima con i mezzi dell’estorsione. Il live streaming di abusi su minori è, inoltre, pagato con sistemi di pagamento sicuri.

Europol, nelle considerazioni conclusive, registra un aumento dei reati che hanno un impatto psicologico negativo sulle vittime; nell’ambito della criminalità informatica, poi, vengono colpiti pesantemente anche i privati.

L’online child sexual exploitation, in particolare, è diventata una vera e propria emergenza: si evolve, muta grazie alle tecnologie, aumenta d’intensità in territori dove arrivano Internet e banda larga e si espande verso l’uso di connettività mobile. Le attività avvengono sui circuiti p2p e nelle darknet, con fenomeni nuovi quali il live streaming di abusi sessuali di bambini, con estorsioni a fini sessuali e con uno sviluppo nelle modalità di distribuzione commerciale.

Il p2p rimane il primo canale per la diffusione non commerciale di tale materiale, poi vi è la darknet con un maggior livello di anonimato, mentre il live streaming di abusi è diventato un crimine vero e proprio e non più un trend, dato il basso costo senza necessità di fare il download: una vera e propria pay-per-view illecita.

Il trend di sempre maggiori contatti online ed estorsioni è legato, si diceva, alla distribuzione di materiale auto-generato, prodotto da giovani, distribuito attraverso le piattaforme mobili e i telefonini.  Anche se è inteso come condiviso tra partner fidati, è spesso intercettato o rubato e usato a fini di estorsione, oppure il materiale può essere acquisito dai criminali sollecitando le vittime in tal senso, spesso combinato col grooming quando è offerto denaro o doni o favori in cambio di assecondare i desideri dell’offender.

Spesso l’offender usa misure coercitive per ottenere nuovo materiale, e in alcuni casi si trasforma in una vera e propria estorsione sessuale nella quale le vittime sono minacciate della disseminazione di materiale indecente e devono sottostare alle richieste dell’offender, condizionandole con danni psicologici e con pensieri di suicidio; il fenomeno può riguardare anche maggiorenni, con richieste specifiche di denaro.

Le immagini, in un contesto simile, diventano moneta di scambio, soprattutto se sono nuove; gli scambi si avvalgono di uso di tecniche di anonimato, di darknet, di wiping delle informazioni, di crittografia e di strumenti di anti forensics.


[1] Su questo punto specifico si veda Jan-Christoph Bublitz, Reinhard Merkel, “Crimes against minds: on mental manipulations, harms and a human right to mental self-determination”, in Criminal Law and Philosophy, 8, 1, 2014, pp. 51-77.

[2] Su questo punto si veda Gabriele Carapezza Figlia, “Tutela dell’onore e libertà di espressione. Alla ricerca di un “giusto equlibrio” nel dialogo tra corte europea dei diritti dell’uomo e giurisprudenza nazionale”, in Il Diritto di Famiglia e delle Persone, 3, 2013, pp. 957-961.

[3] Si veda il report all’indirizzo https://www.europol.europa.eu/content/internet-organised-crime-threat-assessment-iocta-2015.