L'incredibile storia della Gibson SG (e cosa ci può insegnare)
Quella che vedete nella foto è la mia Gibson SG standard del 1994.
L’acquistai, usata, dal mio bravissimo maestro di chitarra oltre vent’anni orsono.
Ci sono molto affezionato: non solo per la forma così originale, il colore splendido e la qualità del suono e del manico, ma perché la Gibson SG nasconde una storia – fatta di idee, di mode, di mercato, di ritorni, di delusioni, di "lifting" e di trasformazioni – che non ha eguali nel mondo delle chitarre elettriche.
Si tratta di una storia che può insegnare molto circa le dinamiche (spesso imponderabili) delle idee, delle vendite e dei gusti dei consumatori, e può insegnare anche a chi non è interessato al mondo delle chitarre. Ecco perchè ve ne parlo volentieri.
L'idea di questo post mi è venuta leggendo, in questi giorni, la rivista inglese Guitarist, che questo mese ha dedicato proprio alla SG la copertina e la principale "storia" interna. Qui di seguito vi farò anche una breve sintesi di quel bellissimo servizio, evidenziando i passaggi secondo me più importanti e significativi.
60 anni di compleanno, vi dicevo. In effetti, in tutti questi anni, il famoso “diavoletto” si è fregiato di una storia imprenditoriale interessantissima, fatta di scelte radicali ma anche di (quasi) incomprensibili cambiamenti del mercato e di tendenze, tanto da rendere una vera e propria icona uno strumento musicale che era partito, in realtà, con innumerevoli difficoltà di vendita e con tanti difetti.
La scelta di design, per l’epoca, fu, come potete immaginare, estremamente coraggiosa: le due “corna” da diavolo, innanzitutto, ma anche strane asimmetrie che si notano nel top, un sistema di vibrato che “bilanciava” la chitarra ma che, poi, fu tolto (non funzionava benissimo) e lasciò corpo e manico "squilibrati", dal momento che era venuto a mancare un contrappeso importante. Sembrava, insomma, un prodotto per fare della imperfezione il suo valore.
Si presentò, subito, come una chitarra difficile da categorizzare, molto versatile e leggera (tanto che, appunto, la pubblicità dell’epoca ne evidenziava la leggerezza e lo stile innovativo. Su Guitarist trovate riportati fedelmente alcuni slogan pubblicitari dell'epoca).
La storia di questa chitarra, ricorda il servizio della rivista, inizia verso la fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, un periodo nel quale la Fender Stratocaster regnava incontrastata sul mercato (insieme alla “sorellina” Telecaster), mentre le vendite della Gibson Les Paul stavano calando sensibilmente.
La Gibson cercò di reagire con vigore e, nel 1961, decide di sostituire la Les Paul con questo modello, che prenderà, per i primi anni, pensate, lo stesso, identico nome: “Les Paul Standard” (probabilmente fu fatta la scelta di mantenere il riferimento a Les Paul, dal momento che il grande chitarrista e inventore era già un nome “rassicurante” per il consumatore tipico e ben noto).
Per cambiare completamente design, furono fatte, dicevo, delle scelte radicali e innovative. Un manico velocissimo, la possibilità di raggiungere senza difficoltà la parte alta della tastiera, un corpo che sembrava scolpito con punte e curve, il tutto per dimenticare il design della Les Paul utilizzato fino a quel momento e per fare qualcosa di completamente nuovo.
Il nome non fu abbandonato per diversi anni: quelle che oggi chiamiamo soltanto "SG" si chiamavano “Les Paul” e si affiancavano ad alcuni modelli economici (Les Paul Junior e TV nel 1958, Les Paul Special nel 1959) che, anch’essi, puntavano ad abbandonare l’estetica “classica” e "pesante" della Les Paul.
A un certo punto, la Gibson decise di rinominare le Les Paul in “SG”: Una semplice sigla che voleva richiamare l’idea di Solid Guitar. Fu una scelta commerciale drastica (per non associare più il prodotto al nome), forse motivata anche da un mancato apprezzamento da parte di Les Paul stesso per un prodotto così moderno.
Ecco perché si possono ancora trovare delle SG degli anni che vanno da fine 1960 a fine 1963 con la indicazione “Les Paul”.
Il lavoro per creare una chitarra nuova, che sconvolgesse il mercato, fu intenso: finiture originali, humbucker, manico, verniciatura, colori, e tanti modelli differenti presentati, per la prima volta, al NAMM del 1961.
Interessante è la verniciatura cherry red, che divenne una icona, ma anche il bellissimo colore bianco della custom. Il Vibrola, come ho detto, non fu molto apprezzato, all’epoca, anche per la sua fragilità e per la sua brutta abitudine a non far tornare le corde alla giusta intonazione (anche se era bellissimo da vedere).
La Custom si presentava “ricca”: un incredibile colore bianco, finiture in oro, tre humbucker, oltre a intarsi preziosi su paletta e manico.
Le “piccole” e più economiche, invece, furono presentare con uno o due P90.
Quando Eric Clapton iniziò ad usare la sua Gibson SG del 1964 nei Cream, una SG dipinta in maniera “psichedelica” da The Fool, aumentò ovviamente l’interesse di tutti, amatori e non. Poi Pete Townshend dei The Who, che la portò in un tour leggendario del 1970, e Robbie Krieger di The Doors, e anche una double neck usata da Jimmy Page, resero il prodotto estremamente “trendy”. Finì anche, vi ricorderete, nella locandina del film School of Rock con Jack Black.
Nel corso degli anni, la Gibson fece alcune modifiche, anche sensibili, dopo i risultati di mercato e le osservazioni/critiche provenienti dai primi possessori. I cambiamenti, grandi e piccoli, andarono avanti fino alla fine degli anni Sessanta.
Negli anni Ottanta, è Angus Young degli AC/DC a renderla ancora più visibile, così come fecero Frank Zappa, i Ten Years After e altri gruppi cult.
Il mercato iniziò a rispondere bene circa dieci anni dopo la nascita del prodotto (tranne un picco di vendite nel 1965), e negli anni 1969 e 1970 la chitarra risultò vendutissima.
Negli anni Settanta la chitarra venne cambiata ancora. Cambiarono le sigle e cambiarono ancora piccoli e grandi particolari (soprattutto al manico).
La Standard e la Custom rimarranno, dopo il 1977, i due modelli di punta (tranne ordini speciali o reissue prodotte in occasione di anniversari).
Negli anni Ottanta e Novanta, Gibson ritornò un poco alle origini proponendo sempre con maggior frequenza modelli che ricordavano i primi anni, e diventò pian piano un prodotto storico a fianco della più costosa Les Paul.
Oggi, chi volesse acquistare una SG si trova di fronte a un’amplissima rosa di scelte che comprende praticamente tutti i modelli che hanno caratterizzato questi sessant’anni, e anche nel mercato del vintage si trovano ottime occasioni a prezzi molto più ragionevoli di quelli delle Les Paul.
La SG è rimasta incisa nei dischi degli AC/DC (Angus Young) e degli Allman Brothers Band (Derek Trucks), di Tony Iommi dei Black Sabbath (Paranoid) ma anche dei Beatles (con George Harrison in Revolver), dei Cream, di Frank Zappa and the Mothers, dei Doors e degli Who. In Italia, viene spesso ricordata la SG di Massimo Riva (in alcune occasioni suonata dall’amico Maurizio Solieri).
Come vi dicevo in esordio, indipendentemente dal fatto che siate appassionati o meno di chitarre, siamo in presenza di una storia incredibile.
La scelta radicale agli inizi, la presa di distanza di Les Paul, il mercato fermo ma che poi, improvvisamente, riprende, gli influencer di allora che la mostrano in televisione, le Les Paul “tradizionali” del 1958 e del 1959 che diventeranno tra le più costose e ricercate al mondo e, al contempo, la SG che cambia pelle quasi ogni anno e che arriva sino a oggi come oggetto di ammirazione di grandi e piccini.
Insomma, tante storie, tutte insieme, attorno a un "diavoletto". Interessante, no?