E02: Che cos'è il machine learning?

In questo secondo episodio cerchiamo di spiegare, con numerosi esempi giuridici, cosa sia il machine learning.

E02: Che cos'è il machine learning?

L’apprendimento automatico (o “machine learning”), un concetto che spesso suscita timore nel giurista non tecnico, è “semplicemente” il modo in cui le macchine imparano dall’esperienza, affinché non debbano essere esplicitamente (ri)programmate in vista di ogni compito che dovranno svolgere. 

Per spiegare questo concetto in un modo che sia familiare a un giurista, pensiamo all’attività di un giovane praticante, o allievo, o uditore che dir si voglia, che sta imparando l’applicazione pratica del diritto (il "mestiere") a fianco di un giurista esperto.

Inizialmente, il praticante non può conoscere le complessità e i dettagli di tutto il sistema-giustizia. Con il tempo, però, attraverso la partecipazione in prima persona a casi in udienza, l’analisi di decisioni e lo studio della dottrina, il giovane inizierà sempre di più a riconoscere le questioni, a discernere gli aspetti importanti e ad applicare queste “lezioni” quotidiane a nuove situazioni. In sostanza, il praticante impara anche osservando, analizzando e “interiorizzando” gradualmente le conoscenze generate attraverso l’esperienza.

L’apprendimento automatico nell'IA opera in modo molto simile: invece di contare su un maestro, però, come il giurista d’esperienza che guida il praticante, si basa soprattutto sull’insegnamento che arriva dai dati

L’apprendimento automatico lo possiamo, quindi, considerare come un ramo dell’intelligenza artificiale che studia come consentire a un computer di migliorare le sue prestazioni su un compito specifico man mano che, col tempo e con l’esperienza, acquisisce più dati. 

In parole povere: piuttosto che scrivere istruzioni esplicite per ogni possibile scenario, un programmatore preferisce fornire alla macchina degli esempi, consentendole di ricavare "da sola" le proprie regole da porre alla base dei suoi ragionamenti e del suo output. È come, in concreto, consegnare al nostro praticante decine di volumi di sentenze e chiedergli di dedurre da quei testi i principi da applicare in un caso specifico.

Il cuore dell’apprendimento automatico risiede negli algoritmi, che sono, semplificando molto, delle serie strutturate di istruzioni progettate per elaborare i dati e per trarre delle conclusioni.

Questi algoritmi possono essere inizialmente semplici, come un avvocato "principiante" che si trova a dover interpretare e applicare la legge per la prima volta, nella sua prima udienza o all'incontro con il suo primo cliente. Tuttavia, man mano che la macchina si "ciba" di più dati, la IA affina la sua comprensione, proprio come l’esposizione ripetuta a questioni legali può aiutare il praticante ad assorbire concetti più profondi.

Una delle caratteristiche che definiscono questo concetto di apprendimento automatico è la sua “dipendenza” da un elemento denominato feedback. Pensiamo, ancora, al nostro praticante, cui ormai ci stiamo affezionando: se il giovane sbaglia nell’interpretazione di un principio legale, il suo mentore, se è bravo, è pronto a correggerlo, guidandolo verso una migliore comprensione del problema.

Allo stesso modo, i sistemi di apprendimento automatico ricevono un feedback sulle loro prestazioni, consentendo loro di "adattarsi" e "migliorare".

Ad esempio, se un sistema di apprendimento automatico è incaricato di identificare le transazioni fraudolente (pensiamo a tutti i casi nei quali l'IA è utilizzata nei sistemi antifrode in ambito bancario e assicurativo), potrebbe iniziare esaminando determinati modelli di transazione. Se, poi, identifica e qualifica erroneamente le transazioni legittime come fraudolente (il cosiddetto “falso positivo”), il feedback fornito lo aiuterà a ricalibrare il suo approccio.

È importante, in sostanza, distinguere l’apprendimento automatico dalla programmazione tradizionale. La programmazione classica è prescrittiva, come la redazione del testo di un codice civile o penale che specifica esattamente le sanzioni legate a reati ben definiti. L’apprendimento automatico, invece, è adattivo: funziona molto bene in situazioni ambigue, poco chiare, complesse e fluide, dove le regole esplicite sarebbero troppo “ingombranti” o, ancora, impossibili da definire. Si pensi all’analisi, in un batter d'occhio, di milioni di sentenze per prevedere il probabile esito di un nuovo caso, considerando fattori che anche il giurista più diligente potrebbe trascurare.

L’apprendimento automatico si presenta, oggi, in forme diverse, a seconda di come viene addestrato

L’apprendimento supervisionato, ad esempio, è come se il nostro praticante lavorasse direttamente, e ogni santo giorno, sotto la supervisione del giurista esperto, imparando da esempi, con risultati chiari da interpretare. L’apprendimento non supervisionato, invece, assomiglia più all’azione del praticante che, lasciato solo nella sala riunioni dello studio, compulsa decine di testi giuridici senza una guida diretta, cercando di discernere i modelli sottostanti in modo indipendente. L’apprendimento con rinforzo (o "per rinforzo"), infine, è più dinamico e "ibrido", simile al praticante che deve anche svolgere test o compiti pratici imparando attraverso premi, “punizioni” e conseguenze immediate di errori.

Per un giurista, le implicazioni dell’apprendimento automatico sono profonde e meritano, a mio modesto avviso, una riflessione meditata. Si pensi alla possibilità di rivoluzionare la ricerca legale, di semplificare la gestione dei casi e, persino, di aiutare a prevedere le decisioni giudiziarie. Tuttavia, è uno strumento talmente potente ed efficiente che può mettere in discussione, e a rischio, i principi fondamentali di responsabilità e anche, genericamente, di "giustizia": quali valori, e pregiudizi, possono essere incorporati nei dati che addestrano una macchina usata in ambito giudiziario? L’apprendimento automatico non ha la “bussola morale” di una mente umana, e non è in grado di sollevare "internamente", mentre opera, domande critiche sul suo utilizzo in contesti così delicati.

Tirando le somme, e confidando che sin qui, nel nostro secondo "incontro", tutto sia chiaro: l’apprendimento automatico è un metodo con cui le macchine, proprio come praticanti legali o uditori curiosi e motivati, acquisiscono conoscenze attraverso l’esperienza, il tempo che passa e gli esempi. Rispecchia, in tal senso, il processo di apprendimento dell’essere umano, ma si distingue per la sua mancanza di comprensione di quello che succede o di intenzione e volontà nell'apprendere. Si tratta, sicuramente, di uno strumento dall’immenso potenziale, ma che in ambito giuridico deve certamente essere maneggiato con grande saggezza e con costante controllo e supervisione.