Tomas Chamorro-Premuzic, "I, Human"
In questo appuntamento dedicato, come al solito, alla lettura, ci occupiamo del libro "I, Human: AI, Automation, and the Quest to Reclaim What Makes Us Unique", di Tomas Chamorro-Premuzic. Qui sotto la copertina.
Si tratta di un'opera che affronta il tema dell'utilizzo dell'intelligenza artificiale per migliorare il nostro modo di lavorare e di vivere o, al contrario, per addirittura "allontanarci" dalla nostra vita e dai nostri comportamenti più tipici.
L'autore è, di formazione, uno psicologo, e cerca di illustrare il "viaggio" che ha compiuto sinora l'Intelligenza Artificiale nella nostra società: questa tecnologia ha il potenziale, scrive, per cambiare in meglio le nostre vite, ma sta anche peggiorando le nostre abitudini, rendendoci più distratti, egoisti, prevenuti, narcisisti, prevedibili e impazienti.
Questo, però, è solo l'inizio, scrive l'Autore. Man mano che l'intelligenza artificiale diventerà più intelligente e più simile all'uomo, le nostre società, le nostre economie e la nostra umanità subiranno i cambiamenti più drammatici che si siano visti dai tempi dalla Rivoluzione industriale.
Alcuni di questi cambiamenti miglioreranno la nostra specie; altri potrebbero disumanizzarci e renderci più simili a macchine anche nelle nostre interazioni con le persone. Sta a noi, pertanto, adattarci e stabilire come vogliamo vivere e lavorare.
In conclusione, la minaccia rappresentata dall'intelligenza artificiale non prenderebbe la forma della disoccupazione di massa o di robot assassini, ma da più sottili squilibri mentali.
L'uso dell'Intelligenza Artificiale nei motori di ricerca, nei social media e nei gadget, secondo l'Autore, fa parte di uno sforzo delle aziende tecnologiche per raccogliere attenzione e denaro identificando e manipolando i modelli di comportamento umano. L'AI, sostiene Chamorro-Premuzic, spinge gli utenti a fare scansioni e clic in modi prevedibili e routinizzati; riduce l'attenzione e la pazienza con un sovraccarico di informazioni; rafforza i pregiudizi (gli algoritmi di assunzione di persone sul luogo di lavoro, per esempio, possono ricreare i pregiudizi razziali dei capi); e alimenta il narcisismo corteggiando l'ossessione per i "like" raccolti dai selfie e dai contenuti diffusi dagli utenti.
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