E01: Che cos'è l'intelligenza artificiale?
L’intelligenza artificiale (d'ora in avanti useremo anche l'acronimo "IA") può essere intesa, semplificando molto, come la creazione di macchine, o di sistemi informatici automatizzati, in grado di svolgere compiti che tradizionalmente hanno sempre richiesto la presenza dell’intelligenza umana.
Per spiegare questo concetto in un modo che sia chiaro anche a un/una giurista, che provenga da studi umanistici/classici, possiamo pensare all’intelligenza artificiale come al sogno dell’essere umano, dall'alba dei tempi, di "regalare" agli oggetti inanimati la capacità di ragionare, di imparare, di pensare e di agire con uno scopo ben definito.
Le radici di una simile idea affondano, come è noto, nei miti e nelle filosofie antiche (si pensi a Efesto, o al Golem). È, in altre parole, il tentativo dell’umanità di comprendere, replicare e, in alcuni casi, superare le sue capacità intellettuali utilizzando strumenti fatti non più di pietra o metallo ma di silicio, di dati, di formule matematiche e di algoritmi.
Al centro dell’idea di intelligenza artificiale c’è quella di simulazione: si cerca di replicare (o "imitare", come direbbe Turing) aspetti specifici della mente umana - come l’apprendimento, il ragionamento e capacità di risoluzione di problemi - attraverso sistemi computazionali.
Proviamo ad immaginare, ad esempio, un avvocato che sia abituato a studiare meticolosamente la giurisprudenza per prepararsi a un'udienza o per prevedere l’esito di un caso di un suo cliente.
Un sistema di IA, attraverso un processo di apprendimento automatico, può essere "addestrato" per svolgere un compito simile. Si "nutre" di grandi quantità di dati giuridici, identifica modelli all’interno di questi dati ("dataset") e li utilizza per fare previsioni o, persino, per prendere decisioni. A differenza, però, del nostro avvocato, che si affida all’intuito, alla competenza, all’esperienza e ad anni di formazione e di "prove" in aula e in studio, l’IA opera “solamente” attraverso processi matematici e statistici.
L’essenza dell’IA risiede, infatti, nei suoi algoritmi, ossia nell’insieme di istruzioni, o regole, che guidano il suo funzionamento. Questi algoritmi sono simili ai processi logici e ai percorsi di ragionamento alla base, anche, dei sistemi giuridici: strutturati, precisi e finalizzati a produrre risultati coerenti.
Tuttavia, ciò che rende l’IA particolarmente interessante, nel nostro caso, è la sua capacità di apprendere.
Grazie al trattamento che fa dei dati, un sistema di IA può affinare la sua capacità di comprensione man mano che il tempo passa, proprio come un giurista affina la sua capacità di interpretazione dei principi e dei casi giuridici con l’esperienza e con le cause che vince o perde.
Questo processo di apprendimento viene spesso realizzato attraverso tecniche sofisticate che si chiamano "reti neurali", ispirate, come suggerisce il nome stesso, alla struttura e alla funzione del cervello umano. Tali reti sono in grado di consentire all’IA di rilevare relazioni tra i dati sempre più precise e di prendere decisioni sempre più mirate.
Tuttavia, a differenza dell’intelligenza umana, all’IA mancano le qualità che spesso definiscono la nostra "umanità": la capacità di provare "emozioni", il ragionamento, la profondità di una riflessione basata sui principi e riferimenti etici. Mentre un giurista può usare tutte queste "qualità" per prendere decisioni analizzando anche "l'intenzione" della legge, o soppesando con cura, per ogni caso concreto, l'idea di "giustizia" e di "equità" da applicare in quella determinata situazione, le decisioni di un’IA sono radicate esclusivamente nella logica derivata dai suoi dati di addestramento.
Questa distinzione solleva, ovviamente, profonde domande sul ruolo dell'IA in settori critici della società, soprattutto in campi come il diritto dove il giudizio spesso trascende il mero calcolo matematico.
L’IA, da un punto di vista definitorio, non è, quindi, una singola entità o tecnologia, ma un “termine-ombrello” che comprende vari approcci e differenti sistemi.
Alcuni tipi di IA sono "ristretti" (o "deboli") ed estremamente specializzati, progettati per compiti specifici come la redazione di contratti o di altri atti legali o, ancora, l’analisi delle minacce alla sicurezza informatica (si pensi ai sistemi anti-spam). Altri, invece, aspirano a un’intelligenza generale, che assomigli all’intelletto umano e che sia adattabile e sfaccettata allo stesso modo. Tali sistemi sono, al momento, più un sogno che una realtà.
In conclusione di questo primo post introduttivo, possiamo cominciare a pensare all’IA come alla convergenza di aspirazioni antiche dell'umanità e di una tecnologia moderna e potentissima. Si tratta di un campo di studio che cerca di aumentare le capacità umane, sfidandoci a riconsiderare l’essenza dell’intelligenza, del pensare, dell'agire e del processo decisionale.
Per un giurista, chiaramente, questo ambito si presenta sia come uno strumento da comprendere, sia come un fenomeno da esaminare criticamente, poiché il suo impatto sulla società e sul mondo del diritto è già profondo e di vastissima portata.